Ieri le abbiamo ricordate tutte. Abbiamo riletto i loro nomi, regalato loro un fiore e modificato le nostre immagini social per loro.
L’elenco che tutti i 21 marzo leggiamo nelle piazze di tutta Italia, e ora anche virtualmente, è in continua evoluzione e grazie all’accurato studio e approfondimento di Daniela, Rossana, Iolanda e Federica del Settore Libera Memoria. L’elenco delle vittime innocenti delle mafie aggiornato al marzo 2020 con le biografie di tutte le trovate sul sito vivi.libera.it.
La battaglia per i diritti dei loro famigliari è ancora tristemente attuale. Non più tardi di qualche settimana fa eravamo davanti a Montecitorio per la campagna “Diritti vivi” per le richieste di molte famiglie che sono rimaste inascoltate. Abbiamo chiesto ad alta voce il riconoscimento di vittima di mafia prima del 1961, l’equiparazione delle vittime del dovere e delle mafie alle vittime del terrorismo, l’estraneità della vittima e dei suoi familiari fino al quarto grado e più in generale che l’attenzione alla vittima venga posta al centro della riflessione del legislatore.
Ieri abbiamo letto 34 nomi in più, arrivando ad oltre mille. 34 persone uccise dal crimine mafioso che ritrovate già sul nostro vivi.libera.it e qui di seguito. Sappiamo che sono tante, ma prendetevi il tempo di fermarvi e di leggerle. E poi, di ricordarle.
Michele Molfetta – 18 febbraio 1993 – Bitritto (BA)Bitritto (BA) // 18 febbraio 1993 //
Michele Molfetta perse la vita il 18 febbraio 1993 a seguito di una sparatoria mentre si trovava all’interno di un negozio di giocattoli a Bitritto, in provincia di Bari. Era entrato nel negozio insieme alla figlia di quattro anni, rimasta ferita, per acquistare una mascherina di carnevale. Il mandante della rapina è stato condannato nel 2019, si tratta del boss barese Cosimo Di Cosola. Il processo si bloccò nel 2015, dopo lo smarrimento di alcuni faldoni processuali.
Anna Nocera – 10 marzo 1878 – Palermo.Palermo (PA) // 10 marzo 1878 // 17 anni
Il 10 marzo 1878 a Palermo scompare Anna Nocera, diciassettenne. Fu il mafioso Leonardo Amoroso a sedurla e poi disfarsi di lei e minacciò la famiglia affinché non si rivolgesse alla giustizia. La madre invece depose al processo contro la famiglia Amoroso, presso cui la figlia lavorava come inserviente.
Antonella Valenti, Ninfa e Virginia Marchesi – 22 ottobre 1971 – Marsala (TP).Marsala (TP) // 22 ottobre 1971 // 11 anni
Il 22 ottobre del 1971 tre bambine spariscono a Marsala. Si tratta di Antonella Valenti, undici anni, Virginia e Ninfa Marchese, nove e sette anni. Con la denuncia della loro scomparsa si apre uno dei casi di cronaca nera più inquietanti della storia del dopoguerra, conosciuto anche come “il caso del mostro di Marsala”. Il giudice Cesare Terranova emette il mandato d’arresto per Michele Vinci, zio di Antonella, che durante l’interrogatorio confessa di aver rapito le bambine per stuprare una di loro e di aver gettato Ninfa e Virginia in una cava all’interno di un terreno di proprietà di Giuseppe Guarrato, dove effettivamente verranno ritrovate il 9 novembre. Durante il processo, tuttavia, emergono parecchi dubbi sulle dichiarazioni fatte da Vinci, e si profila la possibilità che abbia avuto uno o più complici. Antonella sarebbe stata rapita e uccisa perché suo padre, Leonardo Valenti, aveva fatto uno sgarro a Cosa nostra. Lo stesso Paolo Borsellino riaprirà le indagini nel 1989, archiviate per mancanza di prove.
Giuditta Levato – 28 novembre 1946 – Calabricata (CZ).Calabricata (CZ) // 28 novembre 1946 // 31 anni
Giuditta Levato, contadina, madre di due figli, fu uccisa a Calabricata, in provincia di Catanzaro durante una manifestazione sindacale. Il 28 novembre 1946, Giuditta si unì a un gruppo di persone che si scontrò con Pietro Mazza, latifondista del luogo. La contesa era stata causata da una mandria di buoi che Mazza aveva lasciato pascolare nei campi assegnati ai contadini, impedendone quindi la coltivazione. Durante la protesta, in circostanze mai del tutto chiarite, dal fucile di una persona al servizio del latifondista partì un colpo, che raggiunse la donna all’addome. Fu trasportata prima a casa e subito dopo in ospedale, ma inutilmente. Morì all’età di 31 anni, mentre era incinta di sette mesi del suo terzo figlio.
Vincenzo Campo Ingrao – 22 febbraio 1948 – Gibellina (TP).Gibellina (TP) // 22 febbraio 1948 //
Vincenzo Campo Ingrao, esponente della DC, avvocato penalista di Alcamo, vicesegretario regionale del partito, dirigente dell’azione Cattolica e candidato al Senato su richiesta del vescovo agrigentino Giovanni Battista Peruzzo per la sua dirittura morale e per la vicinanza al movimento contadino, fu ucciso il 22 febbraio 1948. Nella Fiat Topolino guidata dal figlio si stava recando a Sciacca per tenere un comizio. Appena fuori dall’abitato di Gibellina, una raffica di mitra lo colpì al cuore mentre recitava il rosario. Aveva apertamente contrastato notabili sospettati di legami con mafiosi. Il delitto rimase impunito.
Mourou Sinan Kouakau – 19 febbraio 1994 – Rosarno (RC).Rosarno (RC) // 18 febbraio 1994 //
Mourou Sinan Kouakau era venuto in Italia per cercar fortuna, vi ha trovato invece la morte sotto i colpi dei sicari mandati da una qualche organizzazione criminale. Arrivato dalla Costa d’Avorio, fa il bracciante agricolo nelle campagne di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, raccoglie arance e ortaggi. La sera del 18 febbraio 1994 è ucciso con una fucilata in pieno petto esplosa da un calibro 12, mentre due immigrati del Burkina Faso che sono con lui – Bama Moussa, 29, e Homade Sare, 31 – restano lievemente feriti. Con la vittima abitavano in contrada Zippone, a Rosarno, in una casa diroccata dove hanno trovato precaria sistemazione una quindicina di immigrati extracomunitari, soprattutto provenienti dall’Africa centrale. Dietro l’omicidio, una rappresaglia decisa contro gli immigrati da esponenti del racket dei braccianti. I responsabili non sono mai stati individuati.
Amedeo Damiano – 2 luglio 1987 – Imola (BO).Imola (BO) // 2 luglio 1987 // 48 anni
Amedeo Damiano è stato un amministratore nell’ambito della sanità pubblica; presidente dell’U.S.S.L. N.63 di Saluzzo fu ferito mortalmente in un agguato intimidatorio il 24 marzo 1987 a opera di un gruppo criminale. Amedeo Damiano aveva avviato due inchieste per gravi irregolarità all’interno della USSL che dirigeva. Dopo un lungo calvario in diverse strutture ospedaliere, morì mentre era ricoverato presso il centro riabilitativo di Montecatone a Imola. Erano trascorsi quattro mesi dall’agguato. I sicari condannati risultano legati alla famiglia ‘ndranghetista dei Belfiore.
Pierantonio Castelnuovo – 5 settembre 1976 – Lecco.Lecco (LC) // 6 settembre 1976 // 42 anni
Pierantonio Castelnuovo, fratello del noto attore Nino, è stato pugnalato da sei persone il 6 settembre 1976 a Lecco durante la festa dell’Unità. Inizialmente si pensava fosse un omicidio dalla matrice neofascista. Uno dei killers, Antonio Musolino, si scoprì essere il cognato del boss Coco Trovato. Aveva 42 anni e lavorava come operaio.
Giovanni Selis – 9 maggio 1987 – Aosta.Aosta (AO) // 9 maggio 1987 // 50 anni
Giovanni Selis era pretore ad Aosta e stava indagando sul Casinò di Saint Vincent quando un’autobomba distrusse la sua 500, lasciandolo miracolosamente incolume. Giovanni Selis indicò ai magistrati di Milano come possibile movente dell’attentato ai suoi danni, proprio le indagini sulla casa da gioco, e in particolare sull’ambiente dei prestasoldi e il rapporto tra questi e l’Ufficio Fidi. Si uccise alcuni anni dopo, impiccandosi nella sua cantina. Soffriva di un forte esaurimento nervoso, non si era mai ripreso dall’attentato. Era il 9 maggio 1987.
Luisa Fantasia – 14 giugno 1975 – Milano.Milano (MI) // 14 giugno 1975 //
Luisa Fantasia era sposata con un carabiniere. Originaria di San Severo (FG), si era trasferita con il marito nella periferia milanese per motivi di lavoro. Avevano avuto una figlia, Cinzia. Fu seviziata e uccisa per una vendetta trasversale davanti alla figlia di 18 mesi perché il marito era un agente sotto copertura dell’Arma e stava indagando su una grossa partita di droga gestita dalle ‘ndrine calabresi in Lombardia. Furono celebrati i funerali di Stato e le fu insignita la medaglia al valor civile. Era il 14 giugno 1975.
Giuseppe Coletta – 25 novembre 1992 – Avola (SR).Avola (SR) // 25 novembre 1992 // 52 anni
Giuseppe Coletta, nato ad Avola il 5 febbraio del 1940, era impiegato comunale con l’incarico di autista del sindaco. Aveva la passione dei cavalli da passeggio che addestrava al salto agli ostacoli. Un giorno dal maneggio vicino al suo, udì un suo vicino urlare. Giuseppe, senza timore corse in aiuto del vicino che era stato gambizzato da loschi individui. Li vide in faccia così nitidamente da saperli riconoscere. In quei giorni la zona era setacciata da agenti e vigili e i due furano catturati e sottoposti al guanto di paraffina, il risultato fu inequivocabile e i due individui finirono sotto processo per minacce a scopo estorsivo e per aver invalidato a vita la loro vittima. Il 25 Novembre del 1992, alle 7 del mattino, come sua abitudine, Giuseppe si stava recando presso il suo maneggio, quando fu avvicinato da due persone, tra cui un certo Bologna. Pensando che i due si fossero persi in quella zona fuori mano, uscì dall’auto, tenendo la portiera accostata al corpo. Il Bologna racconterà di aver intimato a Giuseppe di deporre al processo dei due compari e che la loro incursione ai danni di Giuseppe Coletta doveva essere solo intimidatoria, ma il proiettile da loro esploso venne deviato dallo sportello e Giuseppe venne colpito all’aorta. Giuseppe aveva tre figli.
Diego Passafiume – 22 agosto 1993 – Cianciana (AG).Cianciana (AG) // 22 agosto 1993 // 41 anni
Diego Passafiume era un piccolo imprenditore di movimento terra nella zona di Cianciana. Rinomato per la sua bravura, era diventato un concorrente scomodo per i grandi appalti che in quegli anni interessavano tutta la bassa Quisquina, zona delle colline dove nascevano lavori di grande entità. Dal 1993 al 1997 tutta la zona della bassa Quisquina, era assediata da ricatti e richieste di pizzo. In quel periodo vennero uccisi diversi imprenditori di tutta la provincia di Agrigento, perché ritenuti scomodi e nello stesso tempo si rifiutavano di pagare tangenti. Nel luglio 2018, grazie alle dichiarazione di alcuni collaboratori, è stato arrestato il killer dell’imprenditore legato alla famiglia mafiosa di Siculiana e condannato per altri omicidi. Passafiume fu ucciso il 22 agosto del 1993, secondo i collaboratori, perché ritenuto un imprenditore scomodo.
Anatolij Korol – 29 agosto 2015 – Castello di Cisterna (NA).Castello di Cisterna (NA) // 29 agosto 2015 // 38 anni
Anatolij Korol 38 anni, ucraino fu ucciso il 29 agosto del 2015 a Castello di Cisterna, in provincia di Napoli. Ha lasciato la moglie e due figli. Gli spararono nel corso di una rapina. Lavorava come operaio edile, era intervenuto per sventare la rapina da parte di una banda armata nel supermercato in cui era entrato per fare degli acquisti. E’ stato ucciso davanti agli occhi della figlia. Il 20 ottobre 2015 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha consegnato alla vedova la medaglia d’oro al valor civile in memoria di Anatolij. Il processo di primo grado ha fatto emergere che la rapina ha collegamenti con ambienti della criminalità organizzata. I rapinatori sono figli del boss Vincenzo Ianuale.
Mariano Bottari – 28 luglio 2014 – Portici (NA). Portici (NA) // 28 luglio 2014 // 75 anni
Mariano Bottari fu ucciso all’età di 75 anni, il 28 luglio 2014 mentre stava rientrando presso la sua abitazione a Portici. Mentre rientrava in casa è stato raggiunto da un colpo partito da un uomo in motocicletta. Su quella strada quattro uomini in sella a due grosse motociclette, parlando tra di loro in maniera concitata e violenta, ingaggiano un conflitto a fuoco. Le indagini hanno dimostrato che il conflitto tra i motociclisti fosse il frutto di una questione legata al racket. Il conflitto a fuoco parte in seguito a un inseguimento. A essere inseguito un benzinaio della zona, il quale inizialmente aveva dichiarato che stava fuggendo in seguito a una rapina. Successivamente una ricostruzione degli inquirenti ha ricostruito la vicenda: a quanto pare il benzinaio è stato inseguito perché per quel mese non voleva pagare il racket, e non aveva denunciato questa vicenda.
Salvatore Mineo – 29 maggio 1920 – San Giuseppe Jato (PA) San Giuseppe Jato (PA) // 29 maggio 1920 // 52 anni
Salvatore Mineo era nato il 19 dicembre 1868 da un borgese, Giovanni Mineo, e da Maria Cavallaro. Cresciuto in una famiglia per l’epoca “benestante” divenne nel 1913 esattore comunale. In quello stesso anno, segnato dall’irruzione delle masse nella vita politica locale e nazionale con l’estensione del suffragio, iniziava il suo percorso di impegno diretto per la causa comune. Guidando il fronte democratico-riformista e la Camera del Lavoro, si affermò ben presto come il capo dell’opposizione all’amministrazione in carica: dal 1914 infatti era iniziata la lunga gestione mafiosa della casa comunale, con la sindacatura di Antonino Puleio che egli sprezzantemente chiamava “Ninu u latru”. Sfruttando l’emergenza dello stato di guerra gli “uomini del disonore” misero in piedi, nell’arco di pochi anni, un sistema di potere perfetto: un coacervo di violenza, illeciti di ogni specie, affarismo spregiudicato che si reggeva sull’uso della forza criminale, sul controllo di ogni fonte di ricchezza (a partire dal monopolio sulle campagne, dove mafiosi erano tutti gli affittuari e i campieri) e sull’omertà imposta grazie alle “alte complicità” nelle sfere istituzionali. Mineo non ebbe paura e disse ciò che era sotto gli occhi di tutti: accusò pubblicamente Puleio e i suoi sodali, li denunciò agli organi di polizia e ai rappresentanti del Governo (tanto da far scattare nel dopoguerra un’inchiesta prefettizia presto bloccata dai protettori dei mafiosi) incoraggiò anche gli altri a fare lo stesso. Inoltre, attraverso una cooperativa, spinse i contadini a unirsi per chiedere le terre in affitto, come intanto stavano facendo i popolari guidati da padre Giulio Virga, i socialisti del dott. Nicolò Belli e i combattenti rientrati dalle trincee della Grande Guerra. Puleo, Santo Termini, Vincenzo Troia e gli altri mafiosi non potevano accettare questi continui attacchi. Dovevano punire una simile “tracotanza”, zittire questa voce libera. E lo fecero ordinando a due sicari provenienti da Borgetto di ucciderlo mentre stava conversando in piazza. Era il 29 maggio del 1920. Tutti a San Giuseppe Jato compresero subito il messaggio e rimasero in silenzio. Solo quando l’associazione criminale venne sgominata – in seguito agli arresti comandati nel 1926 dal prefetto Mori – alcuni di essi raccontarono senza più freni ai giudici il solitario sacrificio di un umile eroe.
Tammaro Cirillo – 25 luglio 1980 – Villa Literno (CE).Villa Literno (CE) // 25 luglio 1980 // 38 anni
Tammaro Cirillo era un operaio, lavorava in un cantiere di Villa Literno. Voleva che gli operai potessero lavorare in condizioni di sicurezza, che avessero diritto a mangiare in un luogo adeguato e non in mezzo alla polvere delle costruzioni, che potessero ricevere il pagamento delle ore di straordinario e che fossero regolarizzati. Insomma, chiedeva che ci fossero delle regole in una realtà, quella campana del 1980, in cui la camorra gestiva la maggior parte degli appalti pubblici e dirigeva i più grandi cantieri della regione. Lavorava nella Sled, azienda che si occupava del disinquinamento del Golfo di Napoli, un cantiere difficile in una zona ancora più difficile, l’unica a nord della Calabria dove vengono applicate le norme della legge antimafia. In questo stesso cantiere la camorra aveva già fatto sentire la propria voce a colpi di dinamite. Era delegato della FILLEA (Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, dell’Edilizia, delle industrie Affini ed estrattive) categoria sindacale della CGIL. Fu ucciso dalla camorra il 25 luglio del 1980 a Villa Literno.
Raffaele Miceli – 1945 – Centuripe (EN).Centuripe (EN) // 21 maggio 1945 // 41 anni
Raffaele Miceli era ingegnere minerario, direttore responsabile della miniera Marmora Gualtieri, una delle più importanti e avanzate del bacino zolfifero del nisseno. Dieci giorni prima dell’assassinio, il 12 maggio 1945, alle dieci del mattino, l’ingegner Miceli si era recato alla stazione dei carabinieri e aveva riferito di essere stato sottoposto a minacciosa richiesta ricattatoria di 500.000 lire. Dal momento che lui era solo il direttore e non il proprietario della miniera, Miceli non disponeva di una simile somma e dichiarava che, in ogni caso, anche avendoli, non avrebbe mai e poi mai ceduto al ricatto. Fu ucciso platealmente nel 1945 nella piazza di Centuripe (EN) per essersi rifiutato di pagare il pizzo.
Filippo Parisi – 23 marzo 1991 – Catania.Catania (CT) // 23 marzo 1991 // 17 anni
Filippo Parisi era un ragazzo di 17 anni, ucciso al posto del proprietario del panificio presso il quale lavorava. Era il 23 marzo del 1991 a Catania. La vittima designata era Giovanni di Maria, che verrà poi ucciso poco dopo l’11 aprile. Di solito Filippo apriva la saracinesca del panificio con il proprietario, ma da pochi giorni aveva ricevuto un piccolo aumento dello stipendio per assolvere quel compito.
Maria Grazia Cutuli – 19 novembre 2001 – Surobi, Kabul.Afghanistan // 19 novembre 2001 // 39 anni
Maria Grazia Cutuli, era un’inviata del Corriere della Sera. Laureatasi in Filosofia a Catania, sua città natale, si trasferì poi a Milano, dove lavorò per varie testate giornalistiche. Collaborava con l’UNHCR, l’agenzia dell’ONU che si occupa di rifugiati. Fu inviata dal giornale in Afghanistan dopo gli attentati alle Torri gemelle di New York. Assassinata il 19 novembre 2001 sulla strada tra Jalalabad e Kabul insieme all’inviato di El mundo Julio Fuentes e a due corrispondenti dell’agenzia Reuter, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari. Quello stesso giorno il Corriere della Sera pubblicava un suo articolo dal titolo “Un deposito di gas nervino nella base di Osama”. I genitori di Maria Grazia si dichiarano contrari all’esecuzione capitale di uno dei responsabili individuati e processati.
Giuseppe Sapienza – 18 giugno 1993 – Pedara (CT).Pedara (CT) // 18 giugno 1993 //
Giuseppe Sapienza, titolare di un negozio di mobili a Viagrande (CT) aveva denunciato l’estorsione subita da parte del clan Laudani e fatto condannare, in primo grado, i propri estorsori, poi assolti in appello. Lo stesso clan mafioso per gli stessi motivi aveva decretato l’omicidio di un altro commerciante, Tale Licciardello (1989/1990). Fu ucciso a Pedara il 18 giugno 1993.
Salvatore Pellegrino Pratella – 19 novembre 1990 – Catania.Catania (CT) // 19 novembre 1990 //
Salvatore Pellegrino Pratella fu ucciso perché il clan Laudani riteneva oltraggiosa la sua decisione di ampliare il proprio mini market con la vendita della carne, dopo l’uccisione del boss Santo Laudani e la conseguente chiusura della sua macelleria. Era il 19 novembre del 1990.
Alfio Camillo Giuga – 14 maggio 1992 – San Giovanni La Punta (CT).San Giovanni La Punta (CT) // 14 maggio 1992 //
Alfio Camillo Giuga era titolare della Gioielleria “Cordaro”, aveva già subito una rapina su ordine del clan Laudani. L’organizzazione mafiosa intendeva determinare il fallimento del gioielliere per evitare la concorrenza nella propria gioielleria intestata un prestanome. Lo uccisero a San Giovanni La Punta il 14 maggio del 1992.
Lucio Ferrami – 27 ottobre 1981 – Acquappesa (CS)Acquappesa (CS) // 27 ottobre 1981 //
Nato a Casalbuttano, in provincia di Cremona, Lucio Ferrami iniziò a lavorare fin da giovane nel campo dell’edilizia stradale come dipendente di una ditta lombarda. Aveva circa ventun’anni quando gli impegni lavorativi lo portarono in Calabria, a Guardia Piementose (CS), dove conobbe Maria Avolio, sua futura moglie. Dopo essersi sposato, Lucio con l’aiuto della famiglia decise di mettersi in proprio: avviò la Ferrami ceramiche per la vendita al dettaglio di materiali da costruzione. Dopo qualche tempo, però, la Ferrami ceramiche ricevette la prima richiesta di estorsione da parte delle ‘ndrine locali della costa tirrenica legate a Franco Muto, conosciuto come il “re del pesce” di Cetraro, boss indiscusso dell’alto tirreno cosentino. Alla richiesta del pizzo l’imprenditore cremonese decise di non cedere e denunciò i suoi estorsori alla giustizia facendo mettere per iscritto nomi e cognomi dei criminali. Il 27 ottobre del 1981, mentre era alla guida della sua auto in Contrada Zaccani, ad Acquappesa, Ferrami fu raggiunto da una raffica di colpi proveniente dal ciglio della strada dove i killer erano nascosti. Fu un’esecuzione in pieno stile ‘ndranghetista. Quella sera, l’imprenditore stava rientrando a casa in compagnia della moglie, Maria Avolio, che si salvò dall’agguato perché suo marito le fece da scudo umano.
Francesco Della Corte – 3 marzo 2018 – Napoli.
Piscinola (NA) // 3 marzo 2018 //
Francesco Della Corte stava lavorando la sera del 3 marzo del 2018. Lavorava come vigilante all’interno delle stazioni della metropolitana. Fu aggredito e ucciso a bastonate da tre ragazzi minorenni mentre era in servizio notturno presso la stazione della Metropolitana di Piscinola. L’aggressione avvenuta per rubare la pistola del vigilante e rivenderla, invece ora resta il macigno di un omicidio.
Giovanni Marchese – 18 febbraio 1962 – Alcamo (TP).Alcamo (TP) // 18 febbraio 1962 //
Giovanni Marchese lavorava come bigliettaio dell’azienda dei trasporti Segesta ed era un sindacalista della Cgil. Fu ucciso il 18 febbraio del 1962 ad Alcamo, in provincia di Trapani, in un agguato dalle modalità mafiose nel panificio di famiglia, in via 15 Maggio. Le indagini non porteranno a nulla e i suoi parenti furono anche minacciati.
Agostino Aiello – 24 dicembre 1976 – Bagheria (PA). Bagheria (PA) // 24 dicembre 1976 //
La sera del 24 dicembre 1976, Agostino Aiello venne barbaramente assassinato a Bagheria (PA). Fu ucciso mentre stava rientrando nella propria casa. Aveva in mano una semplice busta di plastica con l’occorrente per la barba, lamette e crema: probabilmente gli assassini pensavano che portasse in quel sacchetto l’incasso della giornata. Era il segretario della Camera del Lavoro di Bagheria. Aiello era riuscito a costruire un movimento sindacale democratico forte ed era molto amato e stimato dalla gente: le lotte da lui guidate riuscirono a far migliorare il tenore di vita dei lavoratori. Fu il fondatore della sezione del Partito Comunista di Bagheria e dirigente della Lega delle Cooperative; per le sue qualità fu chiamato a dirigere la Camera del Lavoro di Corleone, dopo l’assassinio di Rizzotto.
Giuseppe Scalia – 25 novembre 1945 – Cattolica Eraclea (AG). Cattolica Eraclea (AG) // 18 novembre 1945 //
Era il 18 novembre del 1945 quando a Cattolica Eraclea, piccolo centro dell’Agrigentino, fu ferito a morte in un attentato il sindacalista socialista Giuseppe Scalia, tra i fondatori della cooperativa agricola La Proletaria. Scalia passeggiava davanti alla sede della Camera del Lavoro in compagnia del vice-sindaco socialista Aurelio Bentivegna. Contro i due furono lanciate bombe a mano da un gruppo di sicari mafiosi. Non furono aperte neanche le indagini. Finita la guerra, Scalia si era posto con altri contadini alla testa del movimento bracciantile. La sua azione fu convinta e coraggiosa, per questo venne scelto per la carica di segretario della Camera del Lavoro locale.
Leonardo Renda – 8 luglio 1949 – Alcamo (TP).Alcamo (TP) // 8 luglio 1949 //
Leonardo Renda era un contadino. Aveva quarantasette anni quando fu ucciso e presiedeva l’Azione Cattolica di Alcamo. Aveva fondato la sezione del partito popolare con Bernardo Mattarella e nel dopoguerra diventò segretario della DC e assessore. Fu ucciso l’8 luglio 1949 da quattro sicari, vestiti da carabinieri, con quattro pugnalate e una raffica di mitra. Uno degli esecutori del delitto è condannato, ma non si scava sui mandanti politici: secondo alcune fonti un deputato regionale del suo partito gli aveva chiesto di fare da mediatore con la banda di Salvatore Giuliano, responsabile due anni prima della strage di Portella della Ginestra, in combutta con politici reazionari e agrari mafiosi mai identificati dalla giustizia.
Roberta Lanzino – 26 luglio 1988 – Falconara Albanese (CS).
Torremare di Falconara (CS) // 26 luglio 1988 // 19 anni
Roberta Lanzino frequenta l’Università della Calabria che ha sede proprio nella sua città, Rende, in provincia di Cosenza. Il 26 luglio del 1988 Roberta Lanzino ha 19 anni e sta percorrendo una strada secondaria per raggiungere la casa al mare dei suoi genitori, quando una Fiat 131 la affianca. Viaggia sul suo Si Piaggio che verrà ritrovato intatto poche ore dopo. Roberta viene ritrovata all’alba del giorno dopo in mezzo ai campi. È stata seviziata, violentata e uccisa. Ci vuole la confessione di un pentito per dare un nome ai due assassini, nel 2007. Uno è già morto, un anno dopo l’omicidio di Roberta, ucciso dal suo stesso complice per paura che parlasse: si chiama Luigi Carbone. L’altro è Francesco Sansone, uomo legato alla ‘ndrangheta che lo ha aiutato a tenere nascosta questa storia per tutti questi anni.
Annalise Borth, Angelo Casile, Franco Scordo, Gianni Aricò, Luigi Lo Celso – 26 settembre 1970 – Ferentino (FR). Ferentino (FR) // 26 settembre 1970 //
Annalise Borth, Angelo Casile, Franco Scordo, Gianni Aricò, Luigi Lo Celso. Sono passati alla storia come i cinque anarchici del sud, ma erano solo cinque ragazzi tra i 18 e i 26 anni spaventati dal materiale che avevano raccolto e con il quale volevano denunciare la convergenza tra ‘ndrangheta, massoneria e neofascismo. Mentre erano in viaggio dalla Calabria verso Roma, all’altezza di Ferentino restarono vittime di uno strano incidente. I documenti che avevano con loro, e che documentavano il ruolo della ‘ndrangheta e del neofascismo nella rivolta di Reggio e nella strage di Gioia Tauro sul treno Freccia del Sud, non furono mai ritrovati. I due conducenti del tir, che non riportò alcun danno, erano dipendenti di una ditta di proprietà Valerio Junio Borghese. Era il 26 settembre del 1970.