Sono giorni difficili, per tutte e tutti. Come Libera Bologna ci sentiamo parte di una comunità che ha sempre fatto della cultura, dell’approfondimento, dell’impegno il suo ‘pane quotidiano’. Come tante e tanti altri ci sentiamo spaesati in un momento in cui – giustamente – dobbiamo rallentare, cambiare modalità di vita, per tutelarci e tutelare chi vive insieme a noi. Per questo, nei prossimi giorni, ogni mattina invieremo spunti di approfondimento, consigli di lettura e di ascolto su mafie, corruzione, sfruttamento, caporalato, giustizia sociale. Lo facciamo online, tramite questa newsletter, per condividere i nostri temi e restare insieme.
Oggi parliamo di “Nazione infetta. Le ecomafie lungo lo stivale”, grazie a un approfondimento di Grazia Enerina Pisano.
Nel nostro bel paese alcune regioni bruciano e i bambini muoiono in età compresa tra i 0 e i 14 anni. Nella nostra bella nazione il suolo viene contaminato e i bambini muoiono di malattie oncologiche. Nella nostra bella Italia alcune terre sono dei fuochi e i bambini muoiono a causa di tumori al sistema nervoso centrale. Nel 2017 in soli venti giorni sono morti otto bambini tra i 7 mesi e gli 11 anni di vita, bambini vittime innocenti di mafia.
Nel nostro bel paese alcuni comuni tra la provincia di Caserta e quella di Napoli registrano una notevole crescita del tasso di tumori: tumore al fegato con un’incidenza dell’85% in più rispetto alla media regionale e un aumento della mortalità per tumore allo stomaco. Nella nostra bella Italia alcune aree sono talmente inquinate e insalubri da incrementare notevolmente il tasso di mortalità per malattie oncologiche. Uomini e donne vittime innocenti di mafia; perché le nostre regioni non si inquinano da sole, non bruciano da sole, non si avvelenano da sole, non si suicidano da sole.
Nel 1994 Legambiente, in unione con l’Arma dei Carabinieri, nel rapporto di criminalità ambientale, conia il termine “Ecomafia”, neologismo atto a significare danni ambientali attuati da organizzazioni criminali di stampo mafioso: infiltrazione mafiosa nel ciclo dei rifiuti e nelle sue attività complementari, quali traffico e smaltimento illegale. Un vero e proprio business nazionale nato almeno tre decenni fa e che gode ancora oggi di un ampio margine di impunità: un guadagno che intossica l’intera penisola da nord a sud, sia nelle cosiddette “regioni tradizionali” a infiltrazione mafiosa, sia in quei territori non tradizionali ritenuti per tanto, troppo tempo, immuni.
Nel ciclo dei rifiuti, le mafie organizzano le proprie attività in una catena di montaggio perfetta: produzione, assegnazione dei servizi, raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento. Un operandi illegale che soddisfa svariati interessi non solo dei cosiddetti “uomini d’onore” (o meglio del “disonore”) ma anche di amministratori pubblici e colletti bianchi (veri e propri broker dello smaltimento dei rifiuti): emblematici gli arresti di due ex-amministratori comunali che nel 2015, in cambio di voti e assunzioni agevolate, favorirono l’assegnazione di appalti ad imprenditori vicini al clan dei Casalesi. E mentre i guadagni pullulano, alla comunità onesta non rimangono che un incremento dell’inquinamento, un aumento del danneggiamento ambientale, una peggiore qualità della vita e un accrescimento dei costi sociali. Repubblica ha riassunto in questo articolo il processo più importante alle ecomafie campane, celebratosi nel 2015.
Ruolo fondamentale nella catena illecita è svolto dal produttore che, per economizzare e abbattere i costi di produzione, si rivolge ad una società di intermediazione nel tentativo di riqualificare un determinato tipo di rifiuto: una declassificazione dei rifiuti tossici industriali, resi non nocivi tramite la sostituzione dei codici CER (in gergo “giro bolla”) e dunque idonei al riutilizzo nella ricomposizione ambientale o nelle concimazioni dei terreni. Soluzioni convenienti di smaltimento che si rivelano essere vere e proprie operazioni fraudolente, lesive anche del regime di libera e legale concorrenza tra le imprese sane.
Altre volte però, l’illecito non si verifica all’origine ma la contaminazione mafiosa avviene nelle altre fasi della catena: dagli autotrasportatori (segmento più sensibile all’infiltrazione, vero e proprio ponte tra le diverse fasi), allo smaltimento in siti non autorizzati, quali cave dismesse o aree di interramento. I rifiuti vengono sotterrati, occultati, tombati.
Le mafie, tramite processi di intimidazione sulle imprese concorrenziali pulite e accordi con istituzioni e imprese grigie, tendono ad acquisire una posizione predominante nel servizio di raccolta dei rifiuti e di bonifica dei siti: le criminalità organizzate mirano alla creazione di un monopolio che includa quegli imprenditori che, da vittime, diventano soci. I soggetti coinvolti nel ciclo non sono solo gli uomini d’onore affiliati alla Camorra (con il ruolo di primogenitura nel traffico illecito), a Cosa Nostra o alla ‘ndrangheta, ma soggetti candidi, prestanome insospettabili. E quel sottile confine tra bianco e nero viene valicato, per penetrare nella cosiddetta area grigia. Quel crocevia tra economia sana ed economia malata, tra economia legale ed economia illegale, tra impresa onesta e collusione viene oltrepassato. Quella linea tra bene e male, tra giusto e sbagliato viene superata. E quell’area grigia di imprenditori e funzionari pubblici corrotti arricchisce e rende ancora più potenti le ecomafie.
“Trasi munnizza e n’iesci oro” (entra immondizia, esce oro).
Dagli anni ’80 le mafie inquinano in maniera sistematica il ciclo dei rifiuti, con guadagni di circa 600/700 milioni di lire al mese. Ma oggi, in Italia, la terra dei fuochi non è solo la Campania, non riguarda solo i comuni tra la provincia di Napoli e quella di Caserta. I crimini ambientali sono diffusi lungo tutta la penisola, tramite la raccolta, lo spostamento e lo smaltimento dei rifiuti da nord a sud e da nord a nord: inquinamento ambientale, disastro ambientale, delitto di traffico organizzato di rifiuti, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, delitti colposi contro l’ambiente, impedimento al controllo ed omessa bonifica (reati previsti dalla legge 68/2015 sugli ecoreati). Reati commessi spesso da imprenditori ufficialmente autorizzati, ma che accettano di commercializzare commesse illecite tramite lo smaltimento abusivo: le cosiddette “bombe ecologiche”, territori da bonificare per evitare danni ambientali, presenti in circa 300 comuni, e che interessano circa 6 milioni di abitanti.
Perché da ormai 30 anni non si può più parlare di un nord produttore di rifiuti e di un sud discarica: il fenomeno delle ecomafie è diventato un’emergenza nazionale. Uno stato dichiaratamente emergenziale spesso sfruttato anche dalle stesse mafie: una condizione di emergenza che arriva fino alla soppressione delle gare d’appalto e agevola l’affidamento diretto dello smaltimento dei rifiuti ad aziende locali (intimidite e vicine alle organizzazioni criminali). Come emerge dall’ultimo rapporto di Legambiente, oramai lo smaltimento è un business transregionale, che riguarda l’intero Paese. Sebbene la Campania continui a dominare la classifica regionale delle illegalità ambientali, seguita da Puglia, Sicilia e Calabria, con il trapiantamento delle mafie a nord (soprattutto ‘ndrangheta) la Liguria è diventata la prima regione per illeciti ambientali; il Veneto, l’Emilia-Romagna e il Piemonte concorrono per lo smaltimento illecito di cemento e rifiuti; la Lombardia, tramite i continui incendi di rifiuti nei depositi regolari e abusivi, registra il boom di ecoreati, tanto da essere stata ribattezzata “Nuova terra dei fuochi”. Cinemovel ha raccontato il fenomeno insieme a Enrico Fontana con la conferenza-spettacolo “Rifiutopoli. Veleni e antidoti”
Non esiste terra di mezzo immune, l’intera nazione è stata infettata: incendi dolosi bruciano ammorbando l’aria, cave a cielo aperto deturpano il paesaggio, i rifiuti vengono “riciclati” nella costruzione delle strade (come nel caso della superstrada che da Caserta conduce a Castel Volturno), sostanze tossiche sono riversate nelle falde acquifere. Ecco il controllo del territorio esercitato dalle mafie, ecco la protezione offerta dalle entità parastatali che tentano di sostituirsi allo Stato di diritto, ecco cosa riconosce l’antistato: “Inquinamento? Che ce ne frega, noi beviamo acqua minerale”. Riconosce solo morte. Morte di vittime innocenti di mafia.