“Spaccio di droga a Bologna, serve un cambio di passo. Non è solo un problema di ordine pubblico”

La nostra lettera a “Il Resto del Carlino”

Gentile Direttore, 

abbiamo seguito con attenzione il dibattito che si è svolto sulla situazione dello spaccio al Pilastro e di situazioni di illegalità diffusa in città. Stando ai recenti sondaggi, sembra essere uno dei temi più rilevanti per i bolognesi e anche per un’associazione antimafia come la nostra è molto importante che se ne parli il più possibile. D’altra parte pensiamo anche, però, che il dibattito debba avere una diversa ampiezza ed una maggiore profondità. 

Inquadrare lo spaccio come un tema che riguarda solo coloro che vendono in strada sostanze stupefacenti, non permette di cogliere la complessità di un tema che necessariamente si interseca con più piani. Innanzitutto dobbiamo avere la consapevolezza che la diffusione delle droghe nelle strade della nostra città è soltanto l’ultimo tassello di un fenomeno che riguarda il narcotraffico internazionale, gestito da mafie potenti, a cominciare dalla ‘ndrangheta che ha solide basi in giro per il mondo: dal latinoamerica fino ai porti delle principali città europee. Ne abbiamo parlato nel dossier pubblicato qualche anno fa e intitolato “Bologna crocevia dei traffici di droga” e vogliamo continuare a farlo, perché da allora la situazione non è cambiata. Cocaina, eroina, marijuana, droghe sintetiche, il mercato bolognese è un mercato ricchissimo, che richiama e attrae persone che vogliono consumare. Ma i collegamenti tra morti per overdose, spaccio e narcotraffico faticano a emergere,così come non vengono raccontati e posti al centro del dibattito pubblico e politico gli affari delle mafie che lucrano sulle droghe. Le operazioni che coinvolgono Bologna sono molteplici – Due Torri connection, Stammer, Pigna d’oro, Buena Ventura, Trexit, Aquarius, per citarne solo alcune – e hanno portato ad arresti non solo per spaccio ma a quelli, ben più importanti, per narcotraffico internazionale. 

Accanto a questo dato, che da solo dovrebbe indurci ad affrontare il tema in maniera più ampia, occorrerebbe, inoltre, associare un aspetto culturale, che non può essere trascurato. Emblematico, in tal senso, un recente episodio avutosi al Pilastro. Luogo che ricorre con una certa frequenza a livello mediatico, proprio per vicende legate allo spaccio ed alla percezione di insicurezza da parte dei cittadini e che è di nuovo al centro delle cronache proprio in questi giorni a seguito dell’operazione che martedì ha portato a decine di arresti per spaccio tra il Pilastro e la zona universitaria. 

Nel centro del Pilastro a fine agosto un evento autorganizzato ha ricordato Nicola Rinaldi, il ragazzo ucciso due anni fa da un vicino di casa. Siamo in via Frati, centro di una rete di spaccio che occupa i portici e gli androni delle case: la via in occasione dell’anniversario è stata chiusa – senza alcun permesso – e si sono esibiti dei cantanti neomelodici: tra questi c’era Tony Colombo, marito della vedova di Gaetano Marino, boss della camorra ucciso in una faida interna quasi dieci anni fa. Ad ascoltarlo decine di ragazze e ragazzi, gli stessi che, a detta di chi vive la zona, giorno e notte spacciano nelle strade del Pilastro. Un evento che ci ricorda, ancora una volta, la necessità e la capacità delle mafie di trasmettere i propri valori e le proprie pratiche attraverso strumenti culturali ed educativi: un nesso, quello tra musica e messaggi mafiosi e criminali, che riguarda in questo caso anche il fenomeno dello spaccio, che non può essere affrontato se non in modo unitario. 

L’ampiezza e la complessità che ci viene restituita dal fenomeno dovrebbe portare tutti ad affrontare il tema senza facili slogan che spesso non tengono conto di questo contesto. Non farlo sarebbe come affermare convintamente di voler affrontare la questione della realizzazione del tram a Bologna concentrandosi solo sull’ultima fermata.

“La diffusione delle droghe nelle strade della nostra città è soltanto l’ultimo tassello di un fenomeno che riguarda il narcotraffico internazionale, gestito da mafie potenti, a cominciare dalla ‘ndrangheta”

Diventa quindi fondamentale un approccio multidisciplinare: culturale attraverso la sensibilizzazione sulla connessione tra spaccio in strada e mafie; sociale e sanitario insieme attraverso politiche di contrasto alle marginalità e alla lotta alle dipendenze con azioni sia di riduzione del danno, sia di costruzione di possibilità e alternative. Senza tralasciare un approccio di prevenzione, che non può prescindere dal monitoraggio a 360 gradi delle azioni e degli interessi delle mafie nel sistema economico e sociale cittadino.

A questi aspetti sicuramente si deve aggiungere anche il contrasto ai reati compiuti nei quartieri della nostra città, contrasto che deve però essere considerato solo una delle azioni di un lavoro generale e sinergico tra gli attori culturali, sociali, amministrativi e politici. Pensiamo, dopo anni e anni di discussione sullo stesso fenomeno, seppur con evoluzioni nell’arco dei decenni, che sia ormai chiaro che se non si agisce per contrastare alla radice certi fenomeni criminali, se si tenta di aggredirli solo da una prospettiva di ordine pubblico, questi problemi non vengono risolti, ma al massimo trasferiti in altre zone della città, spesso meno attenzionate. Diverso sarebbe invece un lavoro culturale, sociale e di rete. Se davvero lo si volesse, queste elezioni potrebbero davvero essere l’occasione per un cambio di paradigma nel contrasto al narcotraffico e quindi allo spaccio a Bologna.

Andrea Giagnorio e Sofia Nardacchione
Referente e vice-referente di Libera Bologna