Nell’arco di un anno e mezzo l’ennesima alluvione ha colpito i nostri territori.
Lo leggiamo e lo sentiamo da due giorni: 140 mm di pioggia in poco più di 4 ore, la stessa quantità di pioggia che solitamente cade in due mesi d’autunno, una quantità d’acqua spaventosa.
Eppure a farci paura non è solo il clima che è già cambiato, non è solo quella natura che sembra ribellarsi o forse solo riprendere il suo corso, ma anche la constatazione di quell’incertezza in cui adesso viviamo, la paura delle prossime piogge, e il rischio che eventi come quelli di questi giorni diventino la normalità dell’anormalità.
Siamo davanti a un cambio del sistema climatico e energetico dovuto alle nostre emissioni. Ma dinanzi a questa evidenza, oltre alla presa di coscienza della crisi climatica da parte di cittadini e Istituzioni, servono scelte radicali, che come tutte le scelte radicali non possono trovare tutti d’accordo e che dovranno sacrificare gli interessi particolari di qualcuno.
Un anno e mezzo fa avevamo scritto “nulla dovrà essere come prima, specialmente noi”, e oggi lo ribadiamo con forza. Perché constatare le precipitazioni record crediamo che sia scontato e superfluo: oltre l’emergenza servono soluzioni che però non sono e non possono essere semplici e facili. Serve quindi responsabilità, serve parlare di chi si fa carico di questo collasso di cui noi come specie siamo la causa e chi no, di chi inizia a modificare il proprio stile di vita, anche mettendo in discussione i propri interessi, e chi no, di chi ha il coraggio di attuare scelte politiche profonde e lungimiranti che vadano nella direzione della giustizia ambientale e chi no.
In questo scenario nulla doveva essere come prima. E invece ancora una volta ci siamo trovate a spalare il fango, ancora una volta a leggere la notizia di una giovane vittima, ancora una volta evacuazioni e danni, ancora una volta a fare i conti con quello che sta cambiando, che è già cambiato, e che non può tornare più come prima.