Un approfondimento al giorno per ‘organizzare la speranza’, #21

Le mafie non si fermano in tempi di crisi ma elaborano nuovi strumenti e strategie d’azione per arricchirsi ed entrare in nuovi mercati da sfruttare a proprio beneficio. La crisi sanitaria provocata dal Covid19 e che stiamo vivendo tutte e tutti in questi giorni ha già prodotto effetti a tutti i livelli: sanitario, economico, sociale. 

 

Una domanda che ci è venuta quasi spontanea in questi giorni è stata: e le mafie?

 

Non ci sono ancora dati certi sull’azione delle mafie in questa emergenza. Ma, come scrive su La Via Libera Anna Sergi nell’articolo “Effetti indesiderati del Covid-19”, le mafie continuano ad operare in affari illeciti anche a discapito delle crescenti difficoltà economiche e sociali a favore del guadagno personale e dell’acquisizione e mantenimento del proprio potere. Abbiamo intervistato Anna Sergi: potete ascoltarla nell’ultimo podcast di Sentiti Libera, il programma per raccontare le mafie che stiamo portando avanti insieme a Q Code Magazine: “Covid19, gli affari delle mafie in tempi di emergenza sanitaria“.

In questo contesto di difficoltà economica per tutti i settori produttivi, le associazioni mafiose mirano a consolidare le proprie attività. Cercano però anche nuovi possibili mercati nei quali espandere la propria influenza: tra questi c’è quello sanitario, dove l’azione mafiosa già esercita potere da tempo. Situazioni di debolezza economica e amministrativa sono opportunità per le organizzazioni criminali che possono offrire facilmente risorse a imprese in difficoltà per rimanere attive sul mercato. Senza protezioni e garanzie, queste imprese sono esposte a pressioni e meccanismi di usura da parte della criminalità organizzata. 

 

Le notizie di questa settimana, raccontate in Fresche di stampa, la rassegna di Sentiti Libera con le notizie dei giornali su mafie e criminalità organizzata e che potete ascoltare QUA raccontano proprio i primi casi e i settori più a rischio. La puntata di questa settimana, parte infatti dal racconto di un primo caso di corruzione legato all’emergenza Covid19. Una dimostrazione che situazioni emergenziali come quella in cui ci troviamo possono favorire la diffusione della corruzione, in particolare nell’ambito degli appalti nella sanità.

Il caso citato è avvenuto in provincia di Torino, dove sono state scoperte le prime mazzette legate alla situazione di emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus. A Nichelino la Guardia di Finanza ha arrestato in flagranza, per corruzione, un dipendente comunale e una dipendente di una ditta di pulizia, sorpresi a intavolare una trattativa per sfruttare il business della sanificazione, fondamentale in un momento come quello attuale.

I due sono stati trovati in possesso di due mazzette per un totale di 8 mila euro, che avrebbero agevolato l’impresa di pulizie in una gara per il conferimento di un appalto. Un caso che, nel podcast, commenta Massimo Brunetti, Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza dell’AUSL di Modena, che ci spiega i rischi e gli strumenti che abbiamo per contrastare la corruzione in un momento di crisi come quello attuale. 

Legato a questa crisi c’è anche il tema dell’infiltrazione mafiosa nei settori più a rischio. Un caso di preoccupazione è quello del settore turistico-alberghiero, duramente colpito dal prolungato stato di emergenza. Come scrive Mario Gradara sul Resto del Carlino di Rimini, secondo i rappresentanti della categoria “il rischio è di esporre le strutture turistiche allo sciacallaggio di imprenditori privi di scrupoli e alle speculazioni della criminalitá organizzata.” Per fronteggiare la situazione sono state attivate alcune consulenti per individuare strutture e strumenti di prevenzione e supporto, come organismi di mediazione per favorire accordi tra affittuari e proprietari. 

L’ultima notizia che vogliamo dare non riguarda strettamente le mafie, ma i diritti umani.
È stata rinviata ancora una volta l’udienza di Patrick Zaky, lo studente dell’università di Bologna detenuto ormai da 45 giorni in Egitto. La famiglia non riceve sue notizie da due settimane: le visite, infatti, sono state sospese per dieci giorni a partire dal 10 marzo, misura prorogata fino alla fine del mese. “non sono state fornite alternative come ad esempio dare la possibilità di telefonare” aggiungono i genitori. Dopo essere stato trasferito ben tre volte dal giorno dell’arresto avvenuto il 7 febbraio, Patrick dovrà attendere un’ulteriore settimana prima della sentenza nel carcere di Tora, tristemente noto per le terribili condizioni dei detenuti e per le violazioni dei diritti umani, a cui si aggiunge il rischio della diffusione del virus, preoccupante anche visti i problemi di asma di cui soffre il ragazzo.

Nelle scorse settimane, molte associazioni si sono mosse per chiedere verità per Patrick Zaki, in prima linea c’è sicuramente Amnesty International. Anche l’università di Bologna si è schierata fortemente per chiedere verità e giustizia per Zaki. Oltre ad aver chiesto all’ambasciatore dell’Egitto in italia, che fosse permesso a Patrick di frequentare la didattica online, giovedì il magnifico rettore dell’Alma Mater, Francesco Ubertini, ha lanciato l’appello ‘una mail per Patrick Zaki’. Inviando una mail a forpatrick@unibo.it, ciascuna può scrivere un messaggio per accogliere Patrick nel momento in cui tornerà a frequentare la comunità universitaria, perché, come scrive lo stesso rettore, “La scrittura può essere un ottimo strumento di resistenza alla violazione dei diritti essenziali, così come un modo di creare un legame e ridurre le distanze in questo momento così difficile per Patrick.”.

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